Approfondimento
(Fonte: “Le due regole della Prospettiva pratica di Jacomo Barozzi da Vignola”, con i commentari di E. Danti, Bologna 1578)
A. “Le due regole della prospettiva pratica” di Jacopo Barozzi da Vignola, compilato tra il 1527 e il 1545 e stampato postumo, con i “Commentari” di Egnatio Danti, nel 1583 (ma il manoscritto dell’Alberti attese molto più a lungo la diffusione a mezzo stampa, che ebbe luogo a Basilea nel 1540; e ancor maggiore fu l’attesa per quello di Piero, pubblicato a Strasburgo solo nel 1899) è un libro importante: per l’amplissima diffusione che ebbe (otto edizioni entro il 1700, e numerose altre anche dopo); per essere stato scritto a due mani, da un pittore architetto esperto di matematica (il Barozzi) e da un matematico e cartografo esperto di pittura (il Danti); e infine perché contiene (accanto a numerose altre novità), una chiarissima esposizione delle regole d’uso dei punti di distanza che “pur conosciuta ed impiegata dai prospettici pratici e da alcuni teorici precedenti, non era mai stata espressa tanto lucidamente come in questa occasione” (1)
Particolarmente felice la collaborazione fra i due autori (anche se avvenuta “a distanza”: Barozzi era già morto quando Danti iniziò il proprio commento), per il singolare equilibrio raggiunto tra le conoscenze specialistiche dell’uno e quelle complementari dell’altro. Il Barozzi infatti fu indotto alla compilazione di questo scritto “quando era impegnato nella preparazione dei cartoni per l’esecuzione delle tarsie lignee che tanto lo tennero occupato nei primi anni della sua attività, e dovette affrontare in sede applicativa le difficoltà della costruzione prospettica, senza poter contare su un testo sicuro a cui riferirsi per risolvere i problemi geometrico-spaziali che gli si presentavano” (2): egli non conosceva ancora le opere a quel tempo disponibili, ma di non facile accesso e lettura. Il Danti invece fu dottissimo professore di scienze matematiche prima in Bologna e poi in Firenze, profondo conoscitore dei trattati di prospettiva, anche di quelli diffusi dopo la morte del Barozzi. Abbiamo, come risultato, un’opera chiara e rigorosa, in cui esigenze pratiche e teoriche sono ben temperate.
B. Nel cap. XI della parte del suo trattato dedicata alla Seconda Regola, il Barozzi descrive uno strumento per “tirare in Prospettiva” che può semplificare il lavoro dell’artista. L’intestazione del capitolo (“Come si disegni di Prospettiva con due righe, senza tirare molte linee”) rivela subito l’utilità dell’invenzione. Se infatti si tirassero tutte le linee previste dalla seconda regola (che sono linee morte, cioè da cancellare dopo aver terminato il disegno) “sarebbe troppa confusione”. Con l’uso due righe, una imperniata nel punto di fuga, l’altra nel punto di distanza (entrambi sulla linea dell’orizzonte) si possono evitare quasi tutte le linee morte.
Ma per comprendere bene l’impiego di questo strumento a righe (o a fili) che almeno in via di principio funziona in un piano e deve pertanto essere incluso fra i prospettografi “bidimensionali”, occorre prima illustrare la Seconda Regola, che (osserva il Barozzi) “opera conformemente alla Prima, ma è di questa e di ogni altra più comoda”.
Useremo talvolta il linguaggio del Barozzi; ma poiché nei trattati antichi la nomenclatura – standardizzata solo recentemente –non è ancora uniforme, avvertiamo che:
• linea diagonale è una retta parallela al piano di terra (pavimento) e inclinata di 45° rispetto al quadro: le linee diagonali convergono, nella immagine prospettica, al punto di distanza;
• linea retta è una parallela al piano di terra (pavimento) e perpendicolare al quadro (parete): le linee rette convergono, nella immagine prospettica, al punto di fuga (punto della veduta o punto principale);
• punti diagonali sono quelli in cui le linee diagonali giacenti sul pavimento incontrano la linea di terra (linea di spazzo, linea piana);
• punti retti sono quelli in cui le linee rette giacenti sul pavimento incontrano la linea di terra.
Per avere l’immagine prospettica di un punto generico P del pavimento si procede come segue (cfr. Figura):
1. si tracciano sul foglio due rette parallele t, q che rappresentano entrambe la linea di terra: la prima (quella in basso) come origine del “semipiano di terra” che sta dietro al quadro; la seconda (quella in alto) come base del quadro;
2. una terza retta (al di sopra delle prime due e parallela ad esse) rappresenterà invece la linea dell’orizzonte, e su questa si sceglieranno il punto di veduta (per es. V) e quello di distanza (per es. D)
3. si colloca il punto P (oggetto da disegnare) nella posizione assegnata dietro al quadro;
4. si fanno uscire da P una linea diagonale (nel verso opposto a quello in cui si trova D) e una linea retta, determinandone le intersezioni con t: rispettivamente, punto diagonale ( d ) e punto retto ( r );
5. si tracciano le rette Dd e Vr: la loro intersezione P’ è immagine prospettica di P.
Per scorciare una figura “fuor di squadra” (cioè in posizione generica rispetto alla linea di terra) le ultime operazioni (4 e 5) saranno ripetute per ognuno dei suoi punti principali (quelli necessari ad individuarla); se un punto è “elevato” (cioè non giace sul piano di terra) si eleverà di altrettanto la retta q , ripetendo poi le operazioni 4 e 5 (allo stesso modo ci si comporterà per ogni punto “elevato” di una data figura).
Osserviamo che per ogni punto servono ben quattro linee morte; ma le operazioni descritte al punto 4 possono essere eseguite con una squadra e un compasso, tracciando su q solo i punti diagonali e retti (se sono molti, occorre contrassegnare in modo ben riconoscibile le coppie che provengono dal medesimo punto oggetto); infine, le operazioni descritte al punto 5 possono essere eseguite con due righe sottili (o due fili, quando il quadro è di grandi dimensioni) imperniate (annodati) in D e in V, senza tracciare le “linee morte” Dd e Vr.
Questa è l’invenzione del Barozzi, che il Danti molto elogia nella sua “Annotazione”, così concludendo:
“Rimane solo, come ultima cosa, esortare i Prospettivi pratici a rendersi familiare questo capitolo XI, e ad operare con le predette righe, che apporteranno grandissima comodità e vaghezza ai disegni loro: si vedranno nascere davanti i corpi fatti in Prospettiva senza vedervi confusione alcuna cagionata dalla moltitudine delle linee, che nel fare le Prospettive ci impacciano ogni cosa.
E quando vorremo fare un carton grande di capitelli o di base delle colonne, o qual si voglia altra cosa somigliante, pianteremo il nostro cartone in terra, nel pavimento di una gran sala, e invece di queste due righe adopreremo due fili lunghi, attaccandone uno con un chiodo, o legandolo a un sasso nel punto principale, e l’altro in quello della distanza, il farà grandissimo comodo e bonissimo effetto e chi con diligenza l’eserciterà, vedrà quanto giuste gli riusciranno le cose disegnate così”
Per concludere, notiamo che le operazioni sopra descritte nei punti 1 ÷ 5 si realizzano facilmente in Cabri; anzi, condensate (con qualche semplificazione) in una “macro”, danno origine a un metodo particolarmente efficiente per ottenere prospettive di oggetti assegnati in “pianta” ed “alzata”.
(1) L. Vagnetti, De Naturali et Artificiali Perspectiva, Firenze, 1979.
(2) L. Vagnetti, Op. Cit., pag. 321