Non esiste una sola prospettiva. I metodi che gli uomini hanno elaborato per “mettere in prospettiva” sono diversi come le società che li hanno usati e li usano. La prospettiva artificiale ebbe origine nel Quattrocento, in contrapposizione alla prospettiva naturale (teoria della visione). Fra le varie “definizioni” d'epoca, particolarmente efficace quella di Leonardo:

“Prospettiva non è altro che vedere un sito dietro un vetro piano e ben trasparente, sulla superficie del quale siano segnate tutte le cose che gli stanno dietro: le quali si possono condurre per piramidi al punto dell'occhio, ed esse piramidi si tagliano su detto vetro”.

Allora, per ottenere lo “scorcio” si deve intersecare il vetro (quadro) con la piramide visiva costituita dai raggi che, seguendo traiettorie rettilinee, vanno dall'oggetto all'occhio (intromissione) o dall'occhio all'oggetto (estromissione): ciò equivale a risolvere un problema di geometria. I primi studiosi, pittori e architetti, erano ben consapevoli che le ipotesi necessarie ad affrontare con successo tale problema, cioè quadro immobile e occhio singolo e fisso, contrastavano con le condizioni naturali della visione, che è binoculare, con occhi e quadro mobili. Ma, inizialmente, prevaleva l'entusiasmo generato dalla possibilità di riprodurre il reale, imitare la natura, e nello stesso tempo creare nuovi mondi. La volontà di potenza del soggetto (la centralità) era esaltata dalla convinzione di controllare le leggi che governano l'universo delle apparenze e di poter così comunicare valori assoluti di armonia e bellezza. Inoltre, promuovere la scultura, la pittura, l'architettura da arti meccaniche ad arti liberali attraverso la razionalizzazione e l'oggettivazione scientifica di metodi empirici aveva conseguenze non trascurabili, nella cultura del tempo, in termini di maggior favore dei potenti, riconoscimenti sociali, più elevate retribuzioni. Solo in seguito, nel tardo rinascimento segnato da una crisi del soggetto, l'attenzione iniziò a spostarsi sulle deformazioni che le regole geometriche possono generare.

La nascita della prospettiva artificiale implica una profonda trasformazione nel modo di considerare lo spazio: da “spazio di corpi”, a “luogo che esiste prima dei corpi che stanno in esso, e perciò nel disegno deve essere definito per primo” (Pomponio Gaurico, 1504). Questa trasformazione segna il passaggio dalla cultura medievale a quella rinascimentale. In essa fu importante l'attività dei geometri pratici e l'esperienza acquisita nelle misurazioni a distanza. Ma anche nel suo sviluppo la prospettiva artificiale si presenta come intreccio indissolubile di riflessioni rigorose, condotte more geometrico, e pratiche empiriche. Ad essa hanno contribuito non solo pittori, scenografi, intarsiatori, ma anche ingegneri, geografi, militari. La costruzione di macchine prospettiche (usate talvolta in rilevamenti topografici e in osservazioni astronomiche) si inquadra perfettamente nel complesso processo culturale che ora chiamiamo prima rivoluzione scientifica. E' proprio su un terreno di esercizio intriso di problemi concreti che si produce gradualmente la scissione tra prospettiva come fatto artistico e prospettiva matematica (teoria delle proiezioni).

Approfondimenti:

 Misurare con la vista (pdf)

 Prospettografi (pdf)

 Anamorfosi (pdf)

 Ombre e prospettiva (pdf)

 Prospettiva e trasformazioni (pdf)

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