Compasso
perfetto.
I
compassi "perfetti" (detti così perchè possono
tracciare sia circonferenze che archi di sezioni coniche qualsiansi)
hanno una probabile origine araba (X-XII secolo).
Nel
periodo rinascimentale ne furono costruiti diversi esempi, naturalmente con
varianti tecniche e strutturali (ricordiamo quelli di F. Barozzi, di G.B.
Benedetti, di G. Tiene). Anche Cartesio descrisse un compasso perfetto nelle “Cogitationes privatae”. Il
modello qui riprodotto è simile allo strumento descritto da B. Cavalieri nello "Specchio
Ustorio": Cavalieri scrive di averlo visto "appresso li
Molto RR. PP. Gesuiti, qual mi dicono essere inventione
e fabrica del P. Scheiner
dell'istessa Compagnia". Si riconosce immediatamente che il congegno
meccanizza in modo diretto la definizione di Apollonio: una delle aste è l'asse
del cono; l'altra ne è una generatrice, e può allungarsi o accorciarsi per
consentire il contatto continuo tra lo "stilo" e il piano del disegno
(piano secante).
L’asse
AB (girevole su sé stesso attorno ai cardini A e B) può essere inclinato di un
angolo a variabile
nel piano delle rette parallele
aa, bb perpendicolare al piano su
cui scorre il tracciatore P. Questo è sostenuto dall’asta OP, vincolata in O
all’asta AB con la quale forma un angolo variabile b.
Quando
AB ruota, OP descrive un cono di asse AB: il tracciatore P è mantenuto a
contatto col piano del disegno (un giunto "telescopico" permette
all’asta OP di accorciarsi o allungarsi) il quale "taglia" il cono
generando la sezione descritta da P. Se
a = b si
ha una parabola, se a > b una ellisse (circonferenza
se a = p/2 > b), se a < b una iperbole
A cura dell'Associazione
Macchine Matematiche